Giugno 17, 2020

ANASTASIO: LE PAROLE SONO LE MIE SOLE ARMI

Una rabbia costruttiva che esplode come una bomba a orologeria sublimandosi in arte è quella al centro del brano portato a Sanremo dal giovane rapper napoletano, Anastasio, intitolato Rosso di rabbia, che mette a punto una critica verso la società ipocrita del ventunesimo secolo, fatta di scrocconi di emozioni in cerca di attenzioni e di creature sempre meno umane.

Una rabbia che esplode dall’oppressione di un soggetto, che sentendosi intrappolato in un mondo che mira alla disumanizzazione, si rende conto di non avere armi per combattere se non le sole parole, quelle con le quali sporge una denuncia contro le ingiustizie finendo per sabotare anche se stesso, oggetto che passivamente è costretto ad accettare quello contro cui si batte, cosparso da una melma che non gli lascia via d’uscita e che lo tiene bloccato come in delle sabbie mobili.

Da questa terribile consapevolezza non può che scaturire il panico, la pazzia di chi vorrebbe cambiare una sovrastruttura che non può essere cambiata, l’anarchia dei sentimenti contro la massificazione di individui sempre più alienati ed utilitaristi.

Moderno Robespierre in un mondo controrivoluzionario, in cui non c’è spazio per una rivoluzione a causa della fondamentale mancanza di ideali, costretto a subire irrimediabilmente lo scacco del marciume circostante ma che a 21 anni sente ancora la possibilità di potersi arrabbiare con una società disprezzata e disprezzabile a cui si è costretti ad adattarsi.

Annalisa Di lorenzo

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