La più grande conquista dell’epoca moderna è senz’altro l’alienazione, halibi che l’uomo usa per giustificare ormai tutti i comportamenti disumani assunti nei confronti di una realtà con cui è impossibile accordarsi. Cos’è la vita se non un film dentro ad un film, una foto sbiadita, una citazione di una vecchia canzone che nemmeno abbiamo mai sentito? Viviamo di luoghi comuni, non c’è più anima, si ha troppa paura delle cose reali in grado di lasciare un segno indelebile e si preferisce vivere perennemente nella superficie. D’altronde che senso ha il dolore se non lo puoi gridare perché non c’è nessuno ad ascoltare quell’urlo che brucia la tua anima? Abbiamo finito con l’essere automi, riflessi di noi stessi, persone abituate a sentirsi fuoriluogo e a nascondere il disagio dietro un sorriso che possa far passare l’immagine superomistica dell’individuo meccanicizzato, impossibile da scalfire e da toccare realmente.
Questo quello su cui si concentrano Gazzelle e Mara Sattei nel singolo “tuttecose“, in cui il leimotif sembra essere il mare, luogo in perenne contrasto che rappresenta il cambiamento continuo, la resilienza, la forza di poter andare avanti nonostante tutto e di portare via la sofferenza facendoci stare bene anche quando non va bene proprio nulla. Il problema fondamentale è che l’uomo non può rinunciare ad essa senza perdersi nel moto incostante delle onde che diventano metafora di una personalità tormentata e sempre più attuale. Lo sanno bene i due artisti e lo sa bene ognuno di noi, ma dopo tanti colpi bassi forse ci si abitua alla superficie solo per adeguarsi alla massa e smetterla di continuare a mettere a dura prova un cuore stanco di straziarsi. Dentro di noi c’è un mare, ma abbiamo rinunciato all’inabissamento e preferiamo imitarne solo la leggerezza in grado di farci stare bene con l’altro senza troppe paranoie, in perpetua agitazione ma pieni di calma apparente, in pace con il mondo e in guerra con noi stessi.
Annalisa Di Lorenzo