“Non sei mia, puoi fuggire
Io non ti rincorreró
Siamo come calamite
Che prima o poi si rincontrano”
Questo l’incipit del nuovo singolo di Mecna, “Calamite“, volto a spiegare la complessità di un rapporto che non è, ma che non può non essere.
Non ci si appartiene, si è consapevoli di non poter avere pretese sull’altro ma si sente il peso di un sottilissimo filo impossibile da recidere che non esclude la possibilità di un eterno ritorno: è come se tutto fosse ciclico, destinato a concludersi sempre con il fatidico momento dell’incontro dei poli opposti. In questa prospettiva non conta tanto il viaggio quanto la meta, la consapevolezza di dover tornare insieme un giorno senza alcun vincolo. Sulla bocca rimangono quelle frasi di ieri che non si vogliono ripetere, nella mente i ricordi di una vita vissuta a metà, nel cuore un vuoto che si colma solo con la speranza riposta nell’attrazione troppo forte di due corpi che non possono stare separati per molto tempo. La solitudine fa spazio al rimorso della perdita che conduce al bisogno di poter vivere ancora una volta, ma anche alla paura che l’altro possa andare avanti e dimenticare, da qui la preghiera: “non ballare anche quando la musica va”. L’io narrante è bloccato in un limbo di indefinitezza che gli impedisce un qualsiasi passo decisivo, non c’è spazio per l’azione, si può solo subire passivamente la vita e sperare che possa tornare a scorrere nel verso giusto. Questo il dramma dell’uomo moderno, sempre troppo attaccato alla propria individualità e poco propenso a correre il rischio di rinunciarvi per qualcosa di più grande.
Annalisa Di Lorenzo