“Le sigarette” è uno dei singoli del nuovo album di Frah Quintale, “Banzai (lato arancio)“, in cui ci si sofferma sul vuoto interiore percepito dal soggetto dopo una rottura, quando il mondo continua a girare ma egli non può che restare fermo ad osservare, impassibile, il cambiamento.
L’ennesima delusione che arriva a renderci sempre meno umani, l’ennesimo numero cancellato dalla rubrica, l’ennesima parte di cuore che viene tagliata via in modo quasi chirurgico, l’ennesima volta in cui sei contretto a rialzarti nonostante tutto e ad indossare quell’armatura troppo pesante per un corpo così vulnerabile che ha solo bisogno di affetto, che ha paura di restare solo in quell’inconsistenza ma che, sapendo di giocare una partita in cui affidarsi a qualcuno significa lanciare i dadi, preferisce affermare per l’ennesima volta e con gli occhi offuscati: “con l’amore io ho smesso“.
Quando fanno male queste parole per chi avrebbe invece terribilmente bisogno di poter credere nell’amore? Quanto può essere deleterio tutto questo per un sognatore? Tanto, troppo, ma la paura di poter toccare ancora il fondo è paralizzante. Si sta da soli per non dare a nessuno l’opportunità di toccare la nostra vulnerabilità, ci si chiude nella propria corazza perché non si può sopportare un altro colpo mortale pronto a far crollare il nostro umore, ormai labile come un castello di carte pronte ad essere spazzate via dal primo soffio di vento. Ci si abitua alla solitudine, ma non al vuoto che essa lascia dentro di noi e che può essere colmato solo dalle sigarette, come per un mascherato masochismo, un gesto di autolesionismo che ci spinge ad aspirare il fumo per poterci sentire tossici quanto il mondo che ci circonda, per poterci adattare al catrame rinunciando alla purezza, condanna che ci costringe all’eterna sofferenza. Alienati non possimo far altro che sentirci piccoli e sciogliere in un pianto un dolore ormai impossibile da metabolizzare ancora.
Annalisa Di Lorenzo