Gionata, artista originario di Lucca, ha da poco fatto uscire il secondo album dal titolo “Congratulazioni”. Un album ricco di esperienza, personalità e affetto. Affetto per la vita e per le persone che lo circondano.
Con una grande lucidità, Gionata racconta tramite i brani di questo lavoro impegnato, la propria vita fatta di amore e malinconia.
Lo abbiamo incontrato e gli abbiamo chiesto qualcosa in più sulle sue canzoni.
Benvenuto! Quali sono stati i primi responsi dopo l’uscita dell’album “Congratulazioni”?
Ciao! Il disco pare stia piacendo e le persone percepiscono la maturità, il messaggio sta arrivando. Ancora è presto per tirare le somme, lo percepisco come un album che troverà il suo spazio, ma con il giusto tempo.
Ti riferisci a qualcuno nello specifico quando fai queste cosiddette “Congratulazioni”?
Mi riferisco a tutt*: a me, a te, a loro, a chi non c’è più, a chi ancora deve nascere. Ha un significo ambivalente, è ironico ma è anche serio, è speranzoso ma è anche arreso.
C’è un pezzo del disco a cui ti senti più legato?
Canzone di vetro in questo momento è quella che esprime meglio come mi sento: fragile, consapevole, volenteroso di trovare qualcosa che mi faccia sentire vivo.
Nell’album ci sono canzoni che parlano di te come “Oggi sembra domenica” ed altre che, invece, prendono ispirazione da qualcosa di esterno come “Voolcano” che si rifà al film di Rossellini del 1950 “Stromboli”. Cosa ti viene più semplice e naturale comporre?
Fino a questo disco mi veniva naturale parlare in tono autobiografico. Nelle nuove canzoni, che sto già scrivendo, sta avvenendo un ulteriore step di maturità e mi viene più naturale parlare in senso più ampio, senza riferimenti. Ma di questo ne parleremo tra un bel po’.
Qual è e se esiste, secondo te, un filo conduttore tra le canzoni del disco “Congratulazioni”?
Inutile dire che l’amore è il filo conduttore, inteso come sentimento che ci fa sentire compresi e inadeguati allo stesso tempo, che ci fa venire voglia di vivere ma anche di morire. Avevo bisogno di approfondirlo e capirlo. Non che abbia capito granché, so soltanto che è un casino ma ho accettato che è così.
Spesso nei tuoi brani utilizzi toni sarcastici e disincantati. Ritieni che questo cinismo sia una sorta di “corazza” per esprimere meglio il messaggio che vuoi comunicare?
Assolutamente sì. Scherzo molto, sparo un sacco di cazzate, ma è solo per non pensare veramente a tutto ciò che c’è di triste attorno.
“Congratulazioni” è il tuo secondo lavoro. Sei cambiato a livello musicale rispetto al tuo primo prodotto discografico?
Come si può sentire sì, mi sono avvicinato a nuove sonorità più lo-fi e ho ripreso in piccole dosi la psichedelia, genere con il quale è avvenuta la mia formazione artistica.
Nell’album combini intelligentemente la melodia italiana tipica del cantautorato e spinte di respiro più internazionale grazie anche sonorità abbastanza elettroniche. È una scelta voluta? Ma soprattutto incaselleresti la tua musica in un genere invece che un altro?
Mi sono un po’ stancato del cantautorato e la direzione che sto prendendo è sempre di più verso la sperimentazione tipica delle band e delle sonorità oltreoceano quindi sì, è una scelta voluta e vorrei distaccarmi dalla musica indie per toccare generi che sento più vicini a me, come il dream pop e la new wave.
Domanda di rito. Come lo immagini il disco suonato dal vivo?
Pieno di chitarre
La Redazione