Con il singolo “fertili” in uscita il 16 aprile per Panico Dischi, Calliope ci apre le porte del suo mondo più intimo, fatto di legami familiari, citazioni letterarie e un equilibrio sorprendente tra riflessione profonda e sonorità danzabili. In questa intervista emergono le radici poetiche di una giovane cantautrice‑bibliotecaria, cresciuta tra le pagine di Calvino e le lezioni del suo professore d’italiano, capace di tradurre in musica dubbi, speranze e contraddizioni. Scopriamo come un bisogno di condivisione si trasforma in pura necessità artistica, accompagnato dal tocco leggero del produttore Renato D’Amico e dal desiderio di liberare finalmente le proprie canzoni dalla “gabbia d’oro” della camera di scrittura.
“Fertili” è una canzone che nasce da un legame profondo, quello con tuo fratello. Cosa ti ha spinta a trasformare un momento così intimo in un brano da condividere con tutti?
Quando ho iniziato a scrivere canzoni, non immaginavo che un giorno qualcuno oltre a me – e a quello che oggi è diventato mio marito – le avrebbe ascoltate. All’inizio c’era un bisogno di esprimermi solo per me stessa. Poi, col tempo, è nato il desiderio di condivisione: all’inizio forse era un bisogno di approvazione, o un tentativo di sentirmi meno sola, ma piano piano si è trasformato nella voglia autentica di aprirmi a persone che, magari, potessero essere simili a me, con cui creare legami. Sicuramente, a muovermi è sempre stata un’urgenza, un’esigenza profonda: scrivere per sopravvivere emotivamente.
Nel testo compaiono immagini forti e letterarie, come la ginestra leopardiana o la citazione a “Franco”. Quanto conta per te la parola scritta e da dove nasce questa tua vena poetica?
Mi rifugio nella lettura da quando ero bambina. Ancora prima della musica, per me è arrivata la parola scritta. Penso che questa abbia un peso enorme: è il luogo in cui le immagini si fanno carne, prima ancora di mettere le ali e volare nell’aria in forma di musica. Devo tantissimo al mio professore d’italiano delle medie: è stato lui a farmi innamorare della poesia, non perché ce ne abbia fatte leggere un’infinità, ma perché aveva uno sguardo sul mondo che era profondamente poetico anche nella quotidianità. Oggi lavoro come bibliotecaria, e i libri continuano a essere la mia fonte d’ispirazione più grande.
Nonostante i temi complessi, il ritornello di “fertili” è quasi ballabile. Quanto è importante per te trovare un equilibrio tra riflessione e leggerezza nella tua musica?
Ho capito davvero l’importanza di questo equilibrio solo grazie al lavoro fatto con Renato D’Amico, il produttore del disco. Quando mi sono presentata da lui ero una vera “pesantona”: i miei pezzi erano macigni, sia nei testi che nelle sonorità. Lui, però, ha saputo leggere tra le righe e ha dato ai brani una leggerezza nuova, una direzione che non mi aspettavo ma che, forse, era già lì in potenza.
“immagini sensibili” è il tuo primo disco e arriva dopo anni di scrittura, premi e palchi importanti. Che tipo di ritratto pensi emergerà di te da questo album?
Me lo sono chiesta a lungo, che ritratto potesse emergere di me da questo disco. Poi ho smesso di pensarci, perché forse non è davvero così importante. Quello che conta, per me, è essere riuscita a liberare finalmente le mie canzoni dalla gabbia d’oro della mia camera: quel luogo sicuro dove tutto è nato, ma dove per molto tempo è rimasto chiuso. È stata una liberazione anche personale: “immagini sensibili” è il mio primo vero passo fuori. Non è un disco che cerca di raccontarmi in modo lineare, ma raccoglie frammenti, slanci, contraddizioni. Spero solo che da tutto questo emerga un’immagine autentica, anche se imperfetta. Perché è quella più vera.
Ultima curiosità per i nostri lettori: qual è il tuo libro preferito?
La domanda più difficile in assoluto! Forse non ho un solo libro preferito, ma amo profondamente tutta la produzione di Calvino. Se proprio devo sceglierne uno, direi Marcovaldo, ovvero le stagioni in città. Marcovaldo è un personaggio ingenuo, trasparente, che guarda il mondo con uno stupore disarmante, cercando un contatto autentico con la natura in una città che sembra averla perduta. La sua ricerca della meraviglia nelle piccole cose, come un fungo che cresce sull’asfalto o un piccione da addomesticare, mi colpisce sempre. C’è una malinconia delicata nel suo modo di affrontare il mondo, e forse lo ho così a cuore perché leggerlo mi ha aiutato nel mio trasferimento dalla campagna a Livorno, che, per quanto non sia una metropoli, ha comunque un po’ di grigio che può sopraffare. E poi, la scrittura di Calvino è davvero inimitabile. Usa le parole con una leggerezza e una precisione che rendono anche le cose più semplici straordinarie, sempre alla ricerca di magia nel quotidiano. Adoro la sua scrittura simbolica ma anche meravigliosamente accessibile.
CALLIOPE è il progetto di Giulia Agostini, cantautrice toscana classe ’94.
Dopo la laurea in filosofia, Giulia trascorre il 2022 tra il lavoro da bibliotecaria e le registrazioni del suo primo album. Sul finire del 2022 si esibisce sul palco del Rock Contest e inizia a portare in giro un live in trio, accompagnata da Andrea Scardigli al basso e Carlo Peveri alla batteria.
Nel 2023 si aggiudica la targa “Beppe Quirici” per il miglior arrangiamento al Premio Bindi; nello stesso anno è finalista di Musica da Bere e della quattordicesima edizione di Music for Change.
Nel 2024 vince Music Is The Best e prende le mosse la collaborazione conPanico Dischi, con cui pubblicherà il suo primo disco “immagini sensibili”nel 2025, anticipato dai singoli “cuore/lingua” e “fertili”.
La Redazione