Un unico filo temporale che racchiude il passato e il presente in un flusso continuo è quello che mette in scena Blanco nel suo singolo “Notti in bianco“.
Alle notti (in bianco) passate a “scopare” sul balcone di casa durante i mesi estivi, si contrappongono infatti quelle di un presente vuoto e deleterio passate, come uno schizzato, a scrivere fino all’alba e a strappare continue pagine nel fallimentare tentativo di poter descrivere ciò che non si può descrivere: le sue lacrime, le stesse che l’hanno portata via.
Il ricordo del sesso fa emergere il ricordo di una storia d’amore attraverso un linguaggio crudo e violento.
Vengono riportati in superficie i vecchi dialoghi di due individui che scelgono di cogliere l’attimo e vivere il loro viaggio insieme senza pensare al domani, restando intrappolati in un momento racchiuso nel presente della presenza: “lo sai che sono marcio, ma godiamoci sto viaggio. Dimmi che sei mia, anche se non sei l’unica per me”.
Emozioni forti, estreme, e poi… Il vuoto di una notte bucata, che resta ancora da ballare, ma è passata semplicemente a ripercorrere ricordi che fanno ancora male.
L’ennesima notte in bianco in cui si vorrebbe poter essere liberi, e ci si illude anche di esserlo… Ma si rimane intrappolati nella morsa del passato, vivido da sembrare presente.
L’ultimo brano “Paraocchi” racconta l’amore nelle sua dimensione intima, personale, con le sue dicotomie e apparenti gioie. Si rivolge alla persona amata “e sarà f*ttutamente stupendo averti vicino ancora tanto per riposare”, la quale riempie i suoi spazi vuoti.
Poeta moderno, originale, violento nella sua sensibilità, ecco l’innovazione di Blanco.
Articolo a cura di Annalisa Di Lorenzo e Greta Anello