“Ok” è il nuovo album di Gazzelle uscito lo scorso venerdì 12 febbraio.
L’album disegna un percorso all’insegna dell’incomunicabilità tra i soggetti e dell’inconsistenza dei rapporti umani, intrapreso dall’io narrante con l’animo di chi ha l’impressione di arrivare sempre tardi, quando non c’è più nessuno disposto a dirgli “non ti preoccupare adesso che ti porto via con me“.
C’è un bisogno di protezione che sottende all’intera raccolta di brani, tutti confluenti verso il vuoto, il nulla: una visione nichilistica in cui non c’è niente da vincere o da perdere.
I quadri di realtà concrete non sono ammessi e si perdono in frammenti di ricordi immersi nel blu della notte, simbolo della stessa personalità del soggetto moderno, frammentata e priva di profondità, che non gli permette più di essere riconosciuto o di riconoscersi e lo costringere a “vivere per vivere, senza sapere di vivere“, senza più passioni o ideali.
L’unico sentimento, espresso tra le righe, è forse la malinconia di chi ricorda un mondo migliore che non può più tornare, nonostante i pugni al muro. Il grigiore crepuscolare torna nella noia di tornare alla routine, nella fondamentale imperturbabilità dei personaggi, che non sanno più piangere né vivere: sono quasi solo automi dimentichi della propria umanità.
L’album è si configura così come il grido di un inetto incapace ad adattarsi in una società senza più valori, in cui si fa l’amore con degli sconosciuti e si cerca di colmare il vuoto interiore con innumerevoli sigarette.
Ci si dimentica nel tempo di uno starnuto, si affoga in una superficialità dilaniante.
Articolo a cura di Annalisa Di Lorenzo