Febbraio 5, 2020

IL DISCORSO DI RULA JEBREAL A SANREMO 2020

Si è conclusa ieri la prima serata del tanto atteso Festival di Sanremo 2020. Tra i grandi classici del passato come la coppia Albano-Romina Power o Mia Martini interpretata da Tiziano Ferro, quest’anno ciò che più ha sconvolto gli spettatori sono state le parole. Monologhi, riflessioni e perfette descrizioni della società contemporanea hanno conquistato gli animi di tutti noi.

Da Diletta Leotta a Ruba Jebreal, è un susseguirsi di confessioni a cuore aperto, di quadri disegnati in diretta pronti ad essere esposti. Dal tema della bellezza legata al tempo che passa, allo struggente racconto della Jebreal, gli spettatori dell’Ariston si sono riuniti in un silenzio memorabile.

Facciamo parlare la musica, che è una lingua che tutti conosciamo. Cerchiamo di fare un passo in avanti.

Ha esordito così, Rula Jebreal, sul palco del Festival di Sanremo, mettendo a tacere con una sola frase tutte le polemiche sessiste delle scorse settimane. Ma non solo. 

Un leggio bianco fatto delle parole di cui vorremmo riempirci la vita, spiega Amadeus, e un leggio nero macchiato di confessioni pesanti, di realtà e sofferenza.

Così Rula, con una forza disarmante, affronta il delicato tema della violenza sulle donne, condividendo una fetta del suo passato, della storia della sua famiglia, in mondovisione.

Mia madre ha perso il suo ultimo treno quando avevo cinque anni. Si è suicidata, dandosi fuoco. Il suo corpo era qualcosa di cui voleva liberarsi, era il luogo della sua tortura. Mia madre è stata stuprata due volte: a tredici anni da un uomo, poi da un sistema che l’ha costretta al silenzio, che non le ha consentito di denunciare. Le ferite sanguinano molto di più, quando non si è creduti.

Una denuncia sociale ad un sistema improntato sull’uomo, sulla sottomissione della donna e sulla privazione del sul essere più vero. Una delicata ma veemente richiesta di libertà di espressione, libertà di essere donne, madri, donne in carriera o casalinghe. Questo il suo appello: Le canzoni che ho citato sono tutte scritte da uomini. È possibile trovare le parole giuste, è possibile cantare l’amore, il rispetto, la cura. Dobbiamo lottare, urlare da ogni palco, anche quando ci diranno che non è opportuno. Lasciateci essere quello che siamo, quello che vogliamo essere. Siete i nostri complici, i nostri compagni.

Fra i racconti di un mondo in cui non ci riconosciamo più, numeri che parlano come quelle 3.150.000 donne che hanno subito violenza sul posto di lavoro ed ancora, sei donne nell’ultima settimana, Rula ci mostra un aspetto della realtà alquanto allarmante.

Si ha paura di parlarne, di denunciare, di non denunciare. Si ha paura di chi ha le chiavi di casa e la saliva sul nostro bicchiere.

Le parole sono importanti. Non sono scontate e non è vero che non servono a nulla. Guai a non parlarne, guai a non mettere davanti agli occhi di tutti la realtà dei fatti.

Sono stata scelta stasera per celebrare la musica e per celebrare le donne […] Ho messo il migliore vestito e domani chiedetevi pure come era vestita la Jebreal, ma che non si chieda mai più ad una donna stuprata come era vestita quella notte.

Greta Anello

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